RUBINETTO A COLORI,
CABANZO 2010,
serie "dialogos".
I con Michelangelo Pistoletto
Installazione, video-scultura, su opera di M. Pistoletto "rubinetto in bianco e nero" serigrafia su lastra di accaio lucidata 200x90, 1979, intervento: vasca 90x60x40 in legno lammelare, accaio, video proiettore, lettore dvd, loop video digitale a colore (5 min.) ripresse Francisco Cabanzo, edizione e montaggio Liliana Fracasso.
riprese ed edizione del videomaker Sergio Grillo, FOG produzioni.
SERIE "DIALOGOS"
L'invito della curatoria della mostra "I materiali contemporanei dell'arte, MUTAZIONI" mi chiedeva di compiere un gesto 'pedagogico' verso i visitatori della collezione d'arte moderna, aiutandoli a capire come funziona questo mostro strano dell'arte moderna e contemporanea, cosi lontana alla gente dei tempi che dovrebbe rispecchiare e quindi identificarsi con essa. A me la questione mi sembrava molto semplice. L'artista spesso impiega come materiale fondamentale per costruire le loro opere altre opere d'arte: l'arte materiale della stessa arte. E quindi la 'citazione', l'interpretazione, la 'mutazione' è una strategia ed un processo creativo che spesso viene impiegato e in alcuni casi viene capito come sinonimo di maestranza, cioè, bravura e rigore, come nella formazione accademica.
Un 'opera 'maestra' significa quella che meglio spiega, meglio dimostra come fare l'arte di un tempo. Tanti sono i casi indiscutibili, alcuni attraversano secoli di storia dell'arte occidentale. Per dirne alcuni, il caso di Francis Bacon scomponendo ossessivamente il ritratto del papa Innocenzo di Velasquez; o Picasso nei suoi primi disegni sulla collazione sull'erba, chi come Claude Monet ri-interpreta a Edouard Manet nella sua "collazione sul erba". Manet rivisitava un quadro fondamentale della formazione classicheggiante che gli stilismi del tempo imponevano, e lui rifiutava vestendo i personaggi con la moda contemporanea del suo tempo, invece che con i drappeggiati abiti greci o romani dei tempi imperiali come i suoi maestri dell'Accademia avrebbero voluto. Sapeva benissimo che il quadro da lui citato era "Concerto Campestre" di Tiziano, anch'esse a sua volta citazione rinascimentale del "Giudizio di Paride" Raffaelliano, un'incisione che riproduceva un bassorilievo romano che s'ispirava alle opere della mitologia e l'arte greco. Una cita nella cita alla citazione della citazione. Arte che mangia arte, che mangia arte, e riproduce cosi i sistemi di valori occidentali classici o le ironizza, o le sovverte in chiave sincretica...
L'opera scelta da me per la citazione va oltre e propone un a riflessione. L'opera "rubinetto a colori" cosi inizia una serie di dialogos, e quindi viene concepita come una esplorazione-riflessione dell'arte con l'arte.
Per l'occasione viene concepita una video-installazione site specific di carattere effimera, per articolare un dialogo con l'opera "rubinetto in bianco e nero" del artista italiano Michelangelo Pistoletto, opera custodita nella "Galleria Provinciale d'Arte Moderna e Contemporanea" nella città di Foggia, Palazzo "Dogana delle Pecore".
Si da il caso che essendo un artista proveniente dalla periferia del sistema del arte occidentale, questa come tutte le opere che servivano come riferimento per la formazione ricevuta come artista contemporaneo, erano esotiche, cioè, non erano presenti fisicamente per quanto la vita nella periferia il cui centro è oltremare, si possono visitare soltanto nella immaginazione o in una serie limitata di riproduzioni che fanno di esse una realtà virtuale.
Questa condizione periferica e questo rapporto virtuale con i modelli estetici sottolinea la condizione di dipendenza e di estirpazione-dislocamento-inaccessibilità al centro simbolico e di valori del sistema post-coloniale che non fa altro che aumentare la dipendenza e subordinazione riguardo al centro.
L'invito a realizzare un opera che costituisse un'occasione "pedagogica" per avvicinare i visitatori della collezione del Palazzo della Dogana, diventa un alibi per realizzare un operazione di appropriazione e di contaminazione mirata a avvicinare e sovvertire i valori dei "feticci" dell'arte che per la prima volta posso toccare, annusare, e quindi entrare in relazione.
Come dialogare quindi con un oggetto che incarna i valori che ti hanno reso un 'metticio' subordinando i valori del sistema culturale autoctono al quale appartieni convertendolo in sub-sistema marginale, esotico, periferico al sistema euro-centrico della corrente principale dominante. Come dialogare con qualcosa che ti colloca cosi lontano ed in posizione assai asimmetrica? Come anulare l'operazione di negazione "nessuneggio" (ninguneo) nella quale ti ha condannato? Come sovvertire questa condizione di acculturamento e sottomissione che ti obliga a mimare, ad abbandonare modi e linguaggi propri attraverso i secoli, come evitare l'adesione al sistema di valori culturali, sociali, economici e morali che incarna questo oggetto per il quale non esisti?
L'occasione si dimostra molto propizia per un atto di resistenza adattamento nella logica del sincretismo proprio della mia natura sincretica, cioè, quella che mi permette di abitare con valori e meccanismi percettivi-sensibili esotici un oggetto che come nel caso del mio corpo assume le sembianze di un altro sistema di potere che domina ie condiziona, educa, controlla i suoi comportamenti, linguaggi e gesti richiedendo ad esso di comportarsi d'accordo ai "canoni" del sistema-mercato del arte.
Il "dialogo" diventa quindi un operazione di profanazione, di promiscua visitazione del museo, determina l'occasione per esorcizzare la unicità centralità, ed esclusività dei suoi oggetti celebrati custoditi e innalzati al piedistallo di "opere" che riconosce come sue, e non solo, sono le opere che la incarnano e quindi sono "sacre", irraggiungibili, sono pietre miliari.
L'opera "rubinetto in bianco e nero" suscita una forte attrazione in me. Da una parte il rubinetto serigrafato che sottolinea la condizione di rappresentazione della realtà mostra un oggetto comune nel ambiente dal quale provengo, una semplice "grifo del agua" di quegli dei quartieri popolari (favelas, tugurios, ranchitos) o delle campagne ai limiti dell'urbanità. Teste di ferro con becco che spuntano dal pavimento appoggiandosi ad un pezzo di ferro o di legno conficcato nella terra, al quale vengono allacciati con un filo di ferro o di spago, come se fosse una stampella. Sembrano sottolineare la precarietà, la ridicola e superficiale presenza della modernità nella periferia.
Dall'altra la superficie dell'acciaio lucidato a tal punto da costituire uno specchio, come nessun altra opera della collezione mi invita mi guarda, mi vede, anche se in realtà mi sputa, mi devolve il mio riflesso. Mi invita a riflettere e riflettermi... Se riflettersi implica entrare a far parte di essa, riflettere significa guardarmi dentro.
Quando lo faccio torno a quel patio 'sgarruppato' della mia infanzia, il posto più lubrifico, il posto dove acqua, cielo e muschio si toccavano in una sinfonia infinita sensuale quasi erotica. In quel luogo passavo ore e ore, le più significative della mia infanzia, nonostante fosse severamente vietato andare a giocare li sulla "Alberca" un cubo di pietra coperta di umido e morbido muschio verde, pozzo che scendeva verso il buio profondo mentre specchiavano le nuvole che si affacciavano alla cornice nera del patio per guardare giù mentre volavano attraversando il cielo blu. Era l'unico posto dove potevo andare via, verso l'alto e verso le profondità in quella casa senza uscire, peccato che a più di seimila metri sugli Andes quel gioco congelasse la mia pelle invece di riscaldarla, peccato che dovesse scappare sempre, peccato che sempre ci fosse il peccato. Mi portano come Alice dal altro lato dello specchio. Mi fanno ascoltare il suo concerto di gocce che una ad una cadono sullo specchio d'acqua, mi portano anni avanti in un altro specchio, in un altro spazio, in un altro suono, al ritmico estasi del canto ripetitivo del Taita nelle notti lunghe della sua pinta.
All'invito di Pistoletto rispondo con un invito a lui ad entrare nel mio altro lato, lo invito al mio al di là.
L'opera e stata allestita in occasione della mostra "MUTAZIONI" i materiali dell'arte. Organizzata dall'Associazione "Spazio 55", curata da Gaetano Crispino e Guido Pensato Galleria Provinciale d'arte moderna e contemporanea, Palazzo della Dogana, Foggia, Italia, 15 maggio / 15 settembre.