2010/11/01

DVD-BUDDHA, Cabanzo 2010, serie "dialogos" II con Nam June Paik

DVD-BUDDHA, Cabanzo 2010

Serie dialogos, II con Nam June Paik


Installazione, video-scultura. Missure variabili. Modelato in gesso, stuoio di paglia, tre tazze da te e piatti, inchistro rosso, giallo e nero, dvd, tv, loop digitale a colore 10min. Camera Francisco Cabanzo, edizione suono e montaggio video Liliana Fracasso.



TV – Buddha, Paik 1974




Nel 1974 Nam June Paik presenta l' opera “TV – Buddha”, una installazione artistica dove si rincorre al utilizzo della telecamera, e della tv, non soltanto come mezzo d’ espressione in un opera plastica ma come componente stesso della composizione. L’ opera è stata allestita posteriormente in varie occasioni, con variazioni o sostituzioni di alcuni degli elementi che la compongono; e questo e un ulteriore fattore importante dato che essendoci una variazione sul tema, l’ enfasi nos si pone sul oggetto. Non si tratta quindi di un opera unica “originale” ma di un archetipo sul quale lui elabora ulteriori variazioni, variazioni del archetipo, come schema astratto e concettuale (inmateriale) che si ripropone in modo sucesivo (materiale) sempre diverso ma sempre lo stesso ogni volta.


Nel opera "TV-buddha" si ripresenta ogni volta una sorta di equazione percettiva. Da una parte ad un estremo della installazione si colloca un oggetto che guarda frontalmente un altro che lo guarda pure. Il primo oggetto risulta essere una scultura. Si tratta di un Buddha elemento simbolico di un arte trascendentale che esprime una spiritualità di carattere tradizionale, e quindi posiede un significato culturale mistico legato ad una tradizione religiosa particolare non occidentale. Un Buddha che fa meditazione, introspezione o contempazione. Dal altro estremo anche posizionato frontalmente al Buddha anteriormente descritto, lo guarda un oggetto tecnologico occidentale per lac comunicazione visiva molto articolato. Una camera di filmazione che trasmette via cavo l’ immagine che cattura del Buddha ad una TV. L' efetto e una sorta di specchio tecnologico. La camera si appoggia sulla TV, come sefosse una sorta di testa-occhio e sotto di essa, lo schermo di una tv emette le immagini catturate in diretta del Buddha.


Tra un oggetto e l'altro esiste uno spazio, ma non si può dire che sia uno spazio vuoto,  uno spazio pieno di tensionie dialoghi muti tra i due interlocutori: oriente e occidente.


Il Buddha guarda una immagine televisiva trasmessa in diretta e quindi il momento stesso, guarda se stesso o meglio la immagine che la tecnologia li restituisce come una sorta di specchio contemporaneo, tecnologico moderno, uno specchio che li permette guardare un suo riflesso inesistente dato che non esiste nessuno specchio. La questione di cui parla in questa metafora costruita di due archetipi non è tanto una semplice istallazione elettronica con tecnologie audiovisive moderne impiegate in questo caso per la prima volta come parafernali del arte. Non si pone quindi una questione di innovazione utile a far nascere un nuovo linguaggio visivo, al meno non si pone come obbiettivo ultimo, ma come strumento per dire qualcosa di più profondo a livello concettuale.


La metafora complessa dell’ opera di Paik crea una tensione estetica tra il materialismo tecnologico della videoregistrazione proiezione televisiva ed il misticismo trascendentale della scultura di pietra del Buddha seduto di fronte. La metafora contiene una sorta di risposta alla colonizzazione tecnologica occidentale adoperata sulla cultura tradizionale orientale in epoca moderna. Sembrerebbe come se secondo Paik per garantire la resistenza culturale non ci fosse bisogno di chiudersi, di rifiutare la apparente imposizione, la seduzione moderna della tecnologia visuale che potrebbe portare alla acculturazione della sua tradizione orientale. La risposta viene tacitamente espressa nella installazione di Paik, proprio perche dinanzi alla tecnologia, appropriandola in senso estetico come fatta da lui, riesce a sovvertire il meccanismo di possessione e dis-apparizione, lui e la sua cultura si appropriano della tecnologia contaminandosi di essa senza pudori, senza paure, senza rifiuto, proprio perche fatto in questo modo la tecnologia diventa specchio per continuare a guardarsi a se stesso e continuare la propria riflessione sempre in un modo nuovo.


DVD – Buddha, Cabanzo 2010



Raccogliendo la questione posta da Paik sul colonialismo, in realtà potremmo dire che risulti interessante entrare in dialogo quasi trenta anni dopo della sua apparizione per parlare di decolonizzazione del pensiero attraverso il linguaggio del arte. Il Buddha non ha lo stesso significato che li viene attribuito in oriente cosi come la tecnologia non lo ha nei due estremi culturali, oriente ed occidente.



Per occidente quel Buddha può essere un souvenir, un ricordo di viaggio, un oggetto decorativo o di collezione, un oggetto esotico, alieno. Lo si può portare a casa e collocarlo per abbellire un angolo o per abbinarlo ad una serie di mobili che vengono a tinta o rimandano allo stesso stile “orientalizzante”, minimalista. Potrebbe essere il centro di un altare ma non lo è. Di esse si fanno appropriazioni superficiali che non implichino assorbire la carica estetica di valori estetici, morali, religiosi, mistici ai quali viene legato perche significherebbe una contaminazione, una forma di acculturazione. Oppure si potrebbe dire ancora di più, potrebbe anche portarsi a casa, farsi un altare e realizzare preghiere e meditazioni dinanzi a lui, cosi come altri fanno yoga o kung-fu. La questione e un'altra, non permettere che questi gesti vengano a contaminare la purezza della cultura bianca occidentale.



In questa nuova composizione del 2010 si crea una nuova variazione alla stessa metafora da un terzo luogo che questo asse oriente giallo e occidente bianco non chiama in causa, giustamente perche non viene invitato al dialogo tacito perche non lo si può identificare, ne come mistico ne come tecnologicamente avanzato, cioè, un rosso americano, io. Di conseguenza più che un triangolo cercherò di costituire un nuovo paradigma dinanzi a questo dialogo di reciproche appropriazioni, percezioni i e letture sulle identità.


Rincorrendo agli stessi archetipi presenti nella opera di Paik introduce nuovi elementi. Prima la registrazione che non parla del tempo presente ma rimanda al processo, alla tracia della successione di fatti che portarono il Buddha ad avere la sua attuale apparenza, e di conseguenza la immagine statica circolare, perpetua della installazione iniziale si produce soltanto attraverso un “loop” .


Nella proiezione del dvd Appare prima il Buddha bianco e dagli orifici naturali del suo corpo occhi, naso, bocca… escono liquidi, umori, secrezioni, escrezioni. Questi liquidi possiedono ciascuno il colore di una delle altre tre grandi razze umane (gialla, rossa, nera).


Ciò che succede e che tutte le volte che quel oggetto puro, diafano, perfetto “bianco” riceve stimoli e percepisce il suo ambiente dove entra in contatto con il suo alimento che sono oggetti di altre culture, non interessa quanto abbia intenzioni di rimanere come al inizio, quello che non digerisce e cerca di espellere, ma ciò che cerca di rifiutare lo bagna, lo tinge lo contamina e lo trasforma e diventa parte di esse.


Risulta inutile mantenere in piede come equazione culturale di resistenza il paradigma della purezza, risulta vano cercare de fermare l’ altro dietro sbarre e muri o muraglie fisiche o tecnologiche,legali o estetiche. Risulta vano proprio perche contaminarsi e l’unica forma di resistere e continuare ad esistere, perche è giustamente il contatto e lo scambio, il dialogo e la riflessione in questo specchio che non mi è identico ma diverso che posso sopravvivere e perpetuarmi nel tempo, e l’ altro e non me stesso che mi alimenta e mi preserva, che produce adattamento e innovazione, “metticiaggio” per trovarmi esteriormente sempre nuovo e profondamente legato alle tradizioni in ciò che gli è immateriale se non nel senso profondo ed archetipico delle cose e le persone, incrocio e contatto tra diversi come camino per essere sempre più me stesso.


La ultima lettura che risulta ridondante, e di conseguenza doppiamente affermativa della anteriore è il fatto che io come artista rincorra al dialogo con altri artisti, o meglio alle sue riflessioni, le loro equazioni concettuali per elaborare le altre, non per un fatto di ermetismo, ne per rinchiudere l’ arte nei paradigmi della propria arte, ma come meccanismo per parlare della mia identità in transito, meticcia, multi-localizzata.



06 GIORNATA DEL CONTEMPORANEO

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DISSAPORI

"Dissapori" come aree conflittuali e contraddittorie della nutrizione inerenti il rapporto tra gli esseri umani e gli altri esseri viventi ma anche i rapporti tra natura e cultura, desiderio e piacere, necessità e gusto, alimentazione, etica ed inquinamento. Dissapori come percezioni non decifrate e conoscenze ignorate nelle opere di Berlantini, Cabanzo, Carella, Carmellino, Cimino, Daniello, Di Michele, La Cava, Liberatore, Maffia, Manduzio, Pensato, Ruggiero - Dall'8 al 24 ottobre 2010