2012/05/05

OKLAHOMA / NARARACHI, Francisco Cabanzo, Lance Henson, Federico Lanchares, 2012, videoinstallment

OKLAHOMA / NARARACHI - Cabanzo 2012, video-installment project


FRANCISCO CABANZO

    (photography, videoart, sculptures, installation)

LANCE HENSON 

    (poems)

FEDERICO LANCHARES 

    (documentaries)

 “words from the edge”, documentary, short footage (7 min. digital colour). Direction:  Federico Lanchares & Lance Henson. Direction and research assistance, script co-author: Francisco Cabanzo. Camera: Carlos Vasquez. Sound Technician: Luciano Specos, Sound Assistant: Giuseppe Griffone. With the participation of poets: Lance Henson (Cheyenne), Laura Tohe (Navaho), Kateri Akiwensie-Damm (Anishinaabe). Production: POCS Barcelona. Selected 32nd AIFISF  - American Indian Film Festival, San Francisco (USA), 2007.


"impressions form peyote road”, Short footage documentary (20 min. digital colour). Direction, sound and camera: FedericoLanchares. Edition: Clara Andrich. Direction and research assistance, script co-author, back-stage photographer, production manager: Francisco Cabanzo. Participation: Lance Henson (Cheyenne). Selected OVNI-Archives, Barcelona (Spain), 2009.

Mostra 
"HAERETICI"
Castello Svevo-Aragonese
Barletta, Italia
Curatore: Antonino Foti
Allestimento: Antonio Paolillo, Giuseppe Paolillo
2011-2012


BREVE INTRODUZIONE ALL’OPERA

L’installazione Oklahoma – Nararachi, è l'espressione simultanea dei paesaggi realizzati dai tre autori, Francisco Cabanzo, Lance Henson e Federico Lanchares percorrendo insieme la strada del peyote (peyote road). Si tratta dunque di un viaggio attraversando il tempo e i luoghi dove e trascorsa la vita del poeta cheyenne Lance Henson, giuda di questo percorso. La vita di Henson e stara tracciata dagli insegnamenti, i rituali e le cerimonie del cactus sacro americano. L’opera per la tematica può essere sinonimo di turismo di avventura, di frontiera e di scoperta del selvaggio Ovest, di esplorazione, di transito interiore e mistico, o soltanto la semplice tracia dell’attraversamento di uno spazio tra due luoghi negli Stati Uniti e il Messico.



ANTECEDENTI

Questo viaggio attraverso l’arte per i paesaggi del peyote comincia molto prima del nostro, inizia per occidente nel 1500 quando il prete SAHAGUN scrisse le sue cronache nel periodo della conquista. Dopo, nel 1894 l'antropologo CARL LUMHOLTZ scattò le prime fotografie dei nativi in una spedizione alla Sierra Tarahumara. Nel 1910, WASSILY KANDINSKY scrisse: "Lo spirituale nell'arte". Durante gli anni 30 del secolo scorso, lo scrittore surrealista ANTONIN ARTAUD viaggiò alla Sierra Tarahumara, e raggiunse Nararachi venendo dall’Europa alla ricerca di una magia che per lui la cultura europea moderna e cattolica aveva perso. Nel 1939, lo scrittore JOHN STEINBECK realizza un viaggio per le autostrade Nordamericane, attraverso la mitica Route 66 passando per Oklahoma, e scrisse "Mother Road". Questo libro diventò l’argomento con cui nel 1940 fu tratto il film diretto da JOHN FORD. Nel 1949, lo scrittore e fotografo JUAN RULFO pubblicò un lavoro documentario fotografico realizzato in modo creativo per riferire nei suoi scatti le istantanee del Messico rude e profondo. JACK KEROUAC nel 1959 pubblica "On the Road, " un romanzo che ha influenzato un'intera generazione della cultura contemporanea americana, la stessa di Bob Dylan. Negli anni 60, i membri della “Beat Generation” nella letteratura americana di WILLIAM BURROUGHS e PAUL GINSBERG che percorsero la strada del yajé scrivendo “le lettere dell’yajé”. I letterati furono seguiti da artisti visuali come STAN BRAKHAGE o BRUCE BAILLI tra molti altri, tutti impegnati in una linea di ‘cinema sperimentale’ mirata a sviluppare l’esperienza dell’estasi dando luogo all’ "cinema trance", ed alla posteriore formazione del gruppo “Canyon Cinema” di San Francisco.Il semiologo ROLAND BARTHES scrisse "L’Impero dei segni" nel 1970, in esse fu centrale la questione della trascendentalità del poema “haiku” giapponese. PAUL SCHRADER sceneggiatore di Apocaypse Now, nella sua tesi di laurea del 1972 presenta la ricerca "Cinema Trascendentale", risultato dello studio dell’opera dei registi DREYER, BRESSON e OZU. Nel 1982, lo scrittore JULIO CORTAZAR, come esercizio letterario, realizzò un viaggio con la sua compagna per le autostrade della Francia. Vissero 32 giorni senza lasciare l’auto, dando origine al libro "Gli Argonauti del cosmo-strada". Tornando al cinema, Route One USA del 1989 il documentario diretto da ROBERT KRAMER, registrò in modo filmico suo percorso per le strade dell’Est (Route 1) viaggiando dal sud degli Stati Uniti d'America, verso il nord fino al confine canadese. 
Arrivammo a JOSEPH BEUYS chi durante la seconda guerra mondiale dopo un incidente aereo, fu salvato e curato dai nativi della Crimea; dall’esperienza vissuta scaturì il lavoro che lo portò ad essere riconosciuto dalla critica come “lo sciamano dell'arte contemporanea”. Nel 1997, RAYMOND DEPARDON cineasta francese impiegò il viaggio come strategia creativa per realizzare documentari concepiti come opera d’autore. Nel periodo compresso tra gli anni 90 del secolo scorso e il primo decennio del secolo attuale, l'artista BILL VIOLA viene sviluppando nelle sue installazioni che definisce come appartenenti alla corrente dell'arte visiva trascendentale, adottando un linguaggio audio-visivo spaziale.  
Tutti questi riferimenti appaiono sparsi e apparentemente scollegati tra di loro sono cui raccolti a modo di riferimento per fornire alcune piste per approfondire i concetti fondamentali del arte trascendentale, concetti utili ad affrontare l’esperienza del viaggio e della trance nella cultura americana contemporanea, inserendolo in un contesto sperimentale ed esploratorio più ampio dell’arte contemporanea dove il viaggio viene concepito come un modo per avvistare il confine tra il mondo reale e il mondo metafisico, la contemplazione e l’introspezione.


MOTIVAZIONI

Nel 1998 Cabanzo aveva viaggiato in Spagna per realizzare studi dottorali, veniva dalla Colombia, dove negli anni 90 visse un’esperienza di cura con medicina tradizionale con i nativi “Inga”, appartenenti alla cultura della pianta allucinogena dell’yajè (Ayahuasca) nella foresta del Putumayo. Dopo questa esperienza scaturisse una profonda crisi identitaria che mise in discussione l’educazione formale occidentale ricevuta da età infantile fino alla formazione universitaria, arrivando a sovvertire il suo percorso artistico. Una educazione al servizio dell’acculturamento ed il colonialismo l’avevano portato a diventare un forestiero nella propria terra, uno straniero di se stesso. Parti a Barcellona dove iniziò gli studi, volendo tornare nelle foreste dell’Putumayo e nelle montagne degli Ande, sulla la strada della medicina del yajè e la coca tradizionale. Purtroppo dovete rinunciare a causa del conflitto civile tra guerriglia, esercito, narcotraffico e paramilitarismo per il controllo dei territori della coca e il papavero di esportazione illegale.

Viaggiando in Italia, Cabanzo conobbe il poeta Henson, cheyenne nativo di Oklahoma, ballerino del Sundance, guerriero dogsoldier con cui vedendo le confluenze identitarie condivise la sua preoccupazione per il forzato esilio, e l’impasse del suo lavoro. Henson arrivato a età matura ed iniziando la vecchiaia, voleva lasciare una testimonianza di gratitudine per la medicina del peyote che lo aveva accompagnato tutta la sua vita. Invitò Cabanzo a viaggiare assieme nelle pianure del Nord America, per la strada del peyote. In quegli stessi anni Lanchares il regista argentino era stato in Messico. Arrivato a Barcellona dopo aver lavorato in Argentina con comunità native filmando il carnevale di Jujuy. Lanchares interessato alle piante allucinogene ed al cinema trance, ispirato negli scritti di Antonin Artaud era andato alla sierra Tarahumara per redire la sceneggiatura di un documentario sul “sipaame”, Felipe Flores lo sciamano di Nararachi.
Avendo conosciuto Henson e Lanchares, Cabanzo concepisce la possibilità di realizzare un progetto comune ed organizza un incontro a Barcellona. Da questo incontro a tre, scaturisse un processo documentario creativo comune: Il poeta Henson, guida, protagonista, doveva registrare le sue impressioni in un diario di poesie, Cabanzo responsabile della ricerca preliminare e la produzione doveva realizzare il registro fotografico e autista, mentre restava a Lanchares il compito dell’registro cinematografico di questo viaggio “on the road”. Ognuno quindi esprimendo le sue impressioni con il proprio linguaggio.
La prima fase del lavoro svolta in Europa nel 2006, portò i tre accompagnati da una troupe tecnica equipe ad accompagnare Henson e due altre poetesse native americane in un tour per diverse città in Italia, Il risultato è stato un documentario, un cortometraggio: "Parole dall’orlo" (words from the edge). La seconda fase del lavoro fu realizzata nel 2007, coincise con la presentazione del primo documentario che fu selezionato a partecipare nel Festival di Cinema Nativo Americano di San Francisco (FAISF, 2007, San Francisco, USA), e portò i tre artisti in un viaggio partendo dalle pianure del Nord America fino alle montagne di Messo America. Il viaggio Oklahoma, Texas, Arizona, New Mexico, California e Chihuahua sboccando nel secondo documentario di un trittico ancora in processo il cui secondo elemento e stato il documentario “impressioni della strada del peyote (Impressions from peyote road). Selezionato al Festival OVNI di Barcellona 2008,  i poemi , le fotografie e sequenze di video arte, le vetrine ed oggetti sono inedite ed appaiono cui in questa installazione per la prima volta. 
OKLAHOMA-NARARACHI nasce dalla esperienza e la consapevolezza di essere americani, meticci, persone con una cultura in divenire e sotterranea, marginale, sopravissuta soltanto in modo sincretico: Non possediamo tempo né luogo, spazio ne corpo. Siamo vagabondi, alieni, emarginati, arrangiati, espropriati, impuri, incerti, contraddittori. Figli allo stesso tempo degli oppressi e degli oppressori, dei possedenti e degli sfrattati. Identità mista e contraddittoria, piena di ambiguità, in condizione precaria ed effimera, frutto dell’adattamento e l’ibridazione, la contaminazione e l’azione creativa del perder-si e abitare l’altro con i propri universi di senso e i sensi come pelle delle viscere, tutto al servizio di una tattica di resistenza. Il filo comune resta la conoscenza delle piante, l’autocoscienza attraverso la savia delle piante sacre d'America guidati dagli uomini della strada (road-men), taitas, curacas, mamos, sipaames, medici tradizionali, stregoni,  maghi, sacerdoti, sciamani. Una linea sulla mappa, un album di viaggio multimediale,  emozioni testimonianza, immaginazione. Paesaggi che vanno oltre i limiti di spazio fisico e portano verso paesaggi interiori: il paesaggio dell’al di là. 
Il progetto frutto della coscienza di essere meticci americani, stranieri in terra di altri e nella propria pelle. In transito, in divenire, di natura sotterranea, spinti dall’esilio e la migrazione, la diaspora e la segregazione, lo spostamento continuo dei confini. Possedenti di una identità in transito, marginale, sopravissuta soltanto in modo sincretico: la dove il percorso della vita diventa metafora del viaggio: Noi non possediamo né tempo né luogo alcuno, viaggiatori, vagabondi, alieni, emarginati, indocumentati, clandestini. Arrangiati muniti soltanto dalla spinta dell’impulso creativo. Impuri, incerti, contraddittori, figli allo stesso tempo degli oppressi e degli oppressori, dei possedenti e degli sfrattati, generatori d’identità mista e contraddittoria, piena di ambiguità quindi percepita come transitoria ed effimera da manifestare nello spazio e nel tempo, e nei paesaggi in modo sincretico. Tradizionali e locali al contempo che contemporanei e moderni occidentali, popoli di nicchia e abitanti del villaggio globale.

Opposti alla strategia dell’affermazione, si propone la tattica della contaminazione e l’azione creativa del perder-si e abitando l’altro con i propri universi di senso e di sensi come pelle delle proprie viscere, servi della resistenza. Tre artisti di tre luoghi diversi d’America, tre diverse discipline artistiche, tre diverse storie di vita, tre percorsi di un unico viaggio. Il filo comune la coscienza attraverso le piante della conoscenza, autocoscienza attraverso l’arte trascendentale.

Attraverso i dispositivi tecnologici multimediali e le tecniche dell’arte sperimentale, un ponte tra realtà e fantasia, tra reale  e virtuale, tra artista e spettatore, tra paesaggio interiore e paesaggio percepito. Contrappunto oscillante tra le due estremità della tradizione negata e post-modernità fallita. Oklahoma-Nararachi una linea sulla mappa, un album di viaggio multimediale, emozioni testimonianza, immaginazione, estasi, introspezioni, ricordi, tracce. Paesaggi che vanno oltre i limiti di spazio fisico e portano verso paesaggi interiori, verso i paesaggi dell’al di là.

CREDITI E RINGRAZIAMENTI

Ringraziamenti e crediti d'autore al poeta Lance Henson (Cheyenne) e al documentarista Federico Lanchares per i loro contributi professionali ed artistici; Chiara Andrich nell’edizione e montaggio, Carlos Velasquez cinepresa, e Luciano Specos (tecn. suono) nele location Italiane; alle poetesse native Kateri Akiwenzie Damm (Anishnabe), Laura Tohe (Diné), per le poesie e le interviste; a Roma Rent Appartment e Giuseppe Grifone per la logistica a Roma, all'Associazione Huka Hey di Pordenone per il sostegno economico e logistico alla produzione documentaria in Italia. 

Ringraziamenti a Johnny Whitecloud (roadman Cheyenne) e Michael Whitecloud e suo nipote, per la sua ospitalità nella cerimonia del peyote guidata da lui; Randy Snead nel bagno rituale di vapore il giorno dei Veterans Day; grazie a Quinton Roman Nose, e Gordon Yellowman dell’dipartimento di produzione visiva ed educazione della Comunità Cheyenne-Arapaho di Oklahoma, per il loro sostegno istituzionale e ospitalità a Conchos. 

Ringraziamenti a Malcom McAbee (Navajo) apprendista sciamano per la sua benedizione del peyote a Kayenta, e al suo nonno John Hollidays nella sua casa di Monument Valley per l’accoglienza; a David Shorey (Chinle) e Judith Bullock, sua moglie, per la loro ospitalità e le spiegazioni del giardino del peyote; agli organizzatori del FAISF 32 American Indian Film Festival di San Francisco, a Fernando Mariño, Marta Hinestrosa e Camila la loro figlia per la ospitalità e gentilezza a Sunny Valley; ringraziamenti a Randy Burns e Barney Bush, per la loro guida e sostegno durante tutto il viaggio negli Stati Uniti; grazie a Elisabet Tejero per il sostegno finanziario alla produzione e la sua fede nel nostro progetto (Stati Uniti e Messico). 

Grazie a Felipe Fuentes Chavez (sipaame Tarahumara) e a Felipe Angel (suo assistente), così come a Gabino Flores (sipaame Tarahumara) per le interviste, grazie a José (direttore della Scuola di Nararachi), Doña Maria Luisa (Licha), Dona Margarita (Maggie), Abel, Brenda, Alvaro, Abraham, Miguel e Marta (infermieri) e la Dottoressa. Cristina di Nararachi; magazzino Bar-di Ezequiel e di sua moglie (figlia di Gabino), il Dottore Ken Van Kirk per l'intervista nella sua clinica, Josefina (la signora Chepa) per la traduzione (intervista Felipe), grazie a Mario Jabalera, l'INI, il CDI a Chihuahua, Messico, per le raccomandazioni istitucionali e supporto di CONACULTA

Ringrazio ai professori Maria Jesus Buxo, Jose Maria Barragan e Alberto Caballero per il loro consiglio e supporto concettuale; a le curatrici Lilian Amaral e Thais de Siervi per la revisione attenta del testo dell’progetto; a Daniel Toso di POCS Association di Barcellona, per la consulenza tecnica nel allestimento, e il sostegno in fase di pre produzione; al architetto Alessia Cordisco per le illustrazioni tridimensionali dell’progetto di allestimento. 

Ringrazio Antonino Foti per la curatoria, Giuseppe Paolillo e Antonio Paolillo per l’adattamento ed allestimento del progetto nel Castello di Barletta, a Silvana Fracasso per le traduzioni dei poemi, a Alfagrafic per la cura nelle stampe, a Liliana Fracasso per il montaggio multimediale delle sequenze. 

Ringrazio i sciamani (taitas e curacas) Luciano Mutumbajoy, Luaureano Becerra dell’Putumayo, ai Dottori ed esperti in etno-medicina German Zuluaga e Alvaro Garcia in Colombia, loro hanno cambiato la mia strada. 

Dedico questo lavoro a mia moglie Liliana de mia figlia Camila e mia madre Cecilia.



FRANCISCO CABANZO, dicembre 2011